Villa Muti


     La primitiva costruzione, un modesto casino, fu voluta nel 1579 dal canonico Ludovico Cerasoli. Nel 1595 fu acquistata dall’avvocato concistoriale Pompeo Arrigoni, futuro cardinale. L’Arrigoni iniziò subito la costruzione di un palazzo semplice ma severo, e nello stesso tempo si preoccupò anche della sistemazione del giardino. Attraverso gli anni la villa fu dei Cesarini, degli Amadei e infine, dopo altri passaggi di proprietà, ai primi del Novecento era definitivamente della famiglia Muti. Attualmente appartiene ad una Società Immobiliare. La villa sorge sui resti di una romana, quella di marco Petronio Onorato. la caratteristica generale del complesso è data dal rapporto col colle sul quale sorge. Infatti, per consentire la vista verso roma, il palazzo fu costruito sulla cima dell’altura ed anche il giardino fu orientato in questa direzione, con una terrazza, il parterre, chiusa da un boschetto nella parte scoscesa verso la Valle della Molara. Prima del 1620, come testimonia l’incisione del Greuter, fu affiancato al primo un altro parterre, anch’esso limitato da un boschetto. L’edificio, a quattro piani, aveva una pianta ad U per permettere lo sviluppo di un cortile che trovava uno sfondo scenografico nell’esedra a tre absidi della quarta parete, la quale chiudeva il cortile.

     Il cardinale Arrigoni fece eseguire all’interno una serie di affreschi, raffiguranti scene del Vecchio Testamento: nel salone "Mosè sul monte Sinai" del Passignano, nell’ala sinistra "la storia di Agar" del Cigoli e "Daniele nella fossa dei leoni" ed "Abacuc" di Pietro da Cortona. L’opera del Lanfranco, commissionata da monsignor Varesi, uno degli eredi del cardinale, comprende "l’incontro di Giuda a Tamar", "Giuseppe gettato dai fratelli nel pozzo " e " Susanna e i Vecchioni ". In seguito il giardino venne ampliato e vi furono aggiunti un rinfianco, un laghetto artificiale ed una fontana. Nei primi anni del Settecento la parte inferiore del giardino venne divisa da viali che avevano origine dal portale principale, mentre nella seconda metà del XIX sec. parte del parco fu sistemata all’inglese.