Villa Aldobrandini


Villa Aldobrandini      Monsignor Alessandro Rufini costruì una villetta dove nell'antichità sorgeva la villa degli Ottavi, in seguito degli Attilii. Nel 1559 la proprietà passo alla famiglia Vacca e l'anno seguente al medico Pier Antonio Contugi, che la chiamò Belvedere per la sua posizione panoramica. Nel 1584 la villa era di Leonardo Tornaisser, al quale tornò nuovamente nel 1587, dopo che era passata al cardinale di Sisto e a Girolamo Boncompagni, per essere rivenduta nel 1588 al referendario apostolico Paolo Capranica. Il 5 novembre del 1598 il cardinale Pietro Aldobrandini ricevette in dono dallo zio Clemente VIII la villa Belvedere, che erastata requisita per debiti dalla Camera Apostolica dopo la morte di Paolo Capranica. La villa restò agli Aldobrandini fino al 1681, anno in cui passò ai Pamphili, in seguito alla morte di Olimpia Aldobrandini, moglie di Camillo Pamphili. Nel 1760 la famiglia Pamphili si estinse e dopo varie controversie, nel 1769 la villa passò ai Borghese; nel 1832 Francesco Borghese, che aveva ereditato tutti i posedimenti Aldobrandini, ottenne di potersi fregiare di questo nobile nome, cosicchè la villa appartiene tutt'ora agli Aldobrandini.

Fontana di Villa Aldobrandini     Il primo casino, probabilmente opera di Francessco Capriani da Volterra, come risulta da un disegno dell'Archivio di Stato a Firenze, aveva una pianta pressocché quadrata, con un atrio porticato che introduceva in unsalone profondo quanto l'intero edificio; a lato del salone erano le camere e le scale che conducevano al piano superiore, dove erano le stanze di servizio. Pietro Aldobrandini, nel maggio del 1601, dopo aver chiamato Giacomo della Porta a studiare la trasformazione del casino del Contugi, fece iniziare i lavori di ampliamento del vecchio edificio, volendovi aggiungere un paio di stanze ed una galleria. Giacomo della Porta, però, non soddisfatto di questi modesti laori, propose al cardinale la costruzione di un palazzo degno della sua magnificienza. Il nuovo edificio sostituì totalmente il precedente, del quale non rimase che un muro, che fu collegato con grandissima spesa al nuovo palazzo. Nel settembre del 1602, alla morte di giacomo della Porta, l'edificio era quasi completato, e subentrarono Carlo Maderno (1556-1629) e, per i lavori idraulici, Giovanni Fontana (1540-1614), mentre Giuseppe Cesari,detto il Cavalier d'Arpino (1568-1640), attendeva alla decorazione pittorica del primo piano. L'edificio, che era più lungo del vecchio casino Contugi ma di eguale profondità, fu limitato nella sua costruzione dal monte retrostante. Con l'opera di Carlo Maderno e di Giovanni fontana vennero realizzate la grande sala al secondo piano, la loggia del terzo e le terrazze ai lati del palazzo. Dopo il soggiorno di Clemente VIII, nel 1603 iniziarono i lavori per il giardino con la canalizzazione delle acque. La Villa Aldobrandini si svolge su una serie di regolari alte terrazze, su una delle quali sorge il palazzo. La facciata principale dell'edificio, piena e severa, secondo lo stile di Giacomo della Porta, scandita verticalmente da lesene, si conclude nella parte centrale con una sopraelevazione racchiusa da un enorme timpano spezzato.

Cascata di Villa Aldobrandini     Inferiormente due basi corpi di fabbrica, le cucine, sorreggono altrettante terrazze-passeggiatoi, con due slanciati camini in forma di torri ovali. La terrazza ovale di fronte al palazzo, destinato a feste e spettacoli, ècircondata da una doppia rampa. La facciata posteriore presenta una certa animazione. Caratteristica è la parte centrale, un avancorpo aggettante che si slancia verso l'alto l'alto e termina con un timpano triangolare. Costituisce nel suo insieme un osservatorio per le fontane ed i giochi d'acqua della parte alta del giardino. Presenta un ingresso arcuato, delimitato da colonne ioniche di granito egiziano e due piani superiori con due logge anch'esse con colonne ioniche. L'interno, razionalmente diviso, è concepito con un accurato studio delle proporzioni degli ambienti. Il seminterrato era riservato alle cantine, agli alloggi dei gentiluomini di servizio e di lì parte la scala a lumaca di forma ovale, che immette ai piani. Si poteva accedere al piano nobile oltre che per mezzo della scala anche direttamente dall'ingresso della facciata posteriore. Un vestibolo con lateralmente la cappella precede il grande salone che occupa la parte centrale del piano; nelle due ali ai lati del salone sono disposte le stanze. Il salone, decorato nella prima metà del Settecento da Amnesio de Barba di Massa Carrara, ha sulle pareti delle pitture a sughi d'erba in guisa di arazzi rappresentanti l'Officina di Vulcano ed il Parnaso. La volta è affrescata con il Trionfo della Casa Pamphili. In questo salone è conservatoil famoso busto brozeo raffigurante Clemente VIII Aldobrandini, opera di Taddeo Landini (1550-96), e fa bella mostra di sè un grande camino, che include nel timpano spezzato una iscrizione con il nome di Pietro Aldobrandini. Ben cinque delle stanze di questo piano hanno affreschi del Cavalier d'Arpino, di soggetto biblico, mentre in un ambiente le pareti sono ricoperte da antichi corani riccamente decorati. Nella cappella, dedicata a S. Sebastiano, sono affreschi moderni del bolognese Giovanni Piancastelli.

Stampa Antica     Al piano superiore erano le stanze dei gentiluomini al servizio di Pietro Aldobrandini, ed all'ultimo piano, lussuosamente arredato e con un salone centrale cassettonato, erano le stanze riservate agli ospiti ed ai loro gentiluomini. Dietro al palazzo, addossato al colle, è il teatro delle Acque, probabilmente iniziato da Giovanni Fontana e Carlo Maderno. Composto da un vastissimo emiciclo affiancato da due corpi rettilinei, presenta nicchie con colonne ed incavature, decorate con cariatidi, enorme ed altri rilievi, di Ippolito Buti (1604-5). Nelle nicchie della parte emisferica sono delle statue, opera di Jacques Sarrazin, ognuna delle quali è preceduta da un getto d'acqua. Nella nicchia centrale è un Atlante che sorregge il mondo; nelle nicchie di sinistra e di destra sono rispettivamente un ciclope ed un centauro, che per mezzo di congegni idraulici suonavano degli strumenti a fiato con effetti sorprendenti. Accanto all'Atlante era un Ercole in atto di aiutarlo, e due statue di Esperidi. Dalla vasca davanti alla nichia centrale emerge la statua del gigante Encelado, che gettava rumorosamente acqua dalla bocca. Nel braccio lateraale sinistro del teatro delle Acque si trova una cappella dedicata a S. Sebastiano, il santo patrono degli Aldobrandini, con pitture di Domenico e Tommaso Passignano. Nel braccio destro è invece la stanza di Apollo (1615-18), con la volta decorata da Domenico Passignano; qui fu collocata una riproduzione del Parnaso con statuine in legno, stucchi e fiori in ferro battuto, opera di Giovanni Anguilla e Jacques Sarrazin. Giovanni Guglielmi aveva realizzato i congegni idraulici che permettono a tutte le statuine del Parnaso di suonare i loro strumenti. Sulle pareti della stanza, entro cornici di stucco e sopra un alto zoccolo di mosaico, sono gli affreschi con le "Dieci Storie di Apollo", opera del Domenichino, che si avvalé per i paesaggi dell'aiuto del Viola. Il pavimento, musivo, è grave; ornato con arabeschi e con elementi dello stemma Aldobrandini; da un foro usciva un potente getto d'aria che teneva costantemente sospesa una palla di rame.

     Dietro il Teatro delle Acque è la grande Scala d'Acqua, limitata in alto da due colonne, simboleggianti le Colonne d'Ercole: di cui l'acqua scende fragorosamente, affiancata da due scalinate, con numerosi scherzi d'acqua, che conducono al livello superiore. Nella parte più alta del giardino, in asse alla Scala d'Acqua, erano una fontana rustica ed al culmine la Fontana dei Pastori. Vicino al Teatro delle Acque è un grande mascherone ricavato nella roccia da Guglielmo Mida (1612), mentre sulle terrazze a lato del palazzo sono poste simmetricamente due graziose fontane a forma di navicella, scolpite nel 1607-9 da Ippolito Buti. Sotto al palazzo, nel muro di sostegno della terrazza ovale, è ricavato un nicchione che un tempo era arricchito da una grande quantità d'acqua, realizzato da Giocondo Della Porta e dal famoso fontaniere Orazio Olivieri, l'autore dei numerosi giochi d'acqua della villa. Lo schema compositivo della villa, oltre a presentare un'influenza vignolesca, dal punto di vista planimetrico si riallaccia a Villa Montalto di Domenico Fontana, al cortile del Belvedere ed ai progetti raffaelleschi per Villa Madama. D'altro canto rappresenta l'evoluzione di schemi rinascimentali agli albori del Barocco.

     Nella villa, soprattutto nel giardino, è svolto un ampio tema allegorico, la cui spiegazione ci viene data anche dalla "Relatione" scritta da monsignor Giovan Battista Agucchi, segretario del cardinale Pietro Aldobrandini. L'Atlante che regge il Mondo nella nicchia centrale del Teatro delle Acque alludeva a Clemente VIII e la statua di Ercole in atto di aiutarlo si riferiva a Pietro Aldobrandini. Le Esperidi ricordavano il loro mitico e favoloso giardino, che per trasposizione era paragonato a quello della Villa Aldobrandini. Il mito di Ercole tornava ancora alla sommità della villa che poteva essere esplorato con l'occhio dal palazzo. Nella Stanza di Apollo si voleva paragonare il colle di Frascati al Parnaso, il monte sacro delle Muse, ed Apollo, il loro patrono, al cardinale Aldobrandini.